C’è una patologia che colpisce circa 15 donne su cento ma che spesso non viene diagnosticata e rimane a lungo non curata: la VULVODINIA.
E’ un’infiammazione delle terminazioni nervose dell’area genitale femminile ed è detta anche sindrome vulvo vestibolare (SVV). Si manifesta in vari modi: bruciori, contrazioni muscolari, “sensazione dei mille spilli” e poi dolori che possono precludere la vita quotidiana e quella sessuale.
Dal punto di vista clinico non c’è nulla di visibile, non ci sono lesioni, e quindi si può pensare ad un problema psicologico. Invece ci sono solide basi organiche: le terminazioni nervose risultano ipersensibili a stimoli che normalmente non provocano dolore. Per fare una diagnosi, una volta escluse altre patologie, basta semplicemente toccare con un cotton fioc l’ingresso della vulva: se anche il minimo sfioramento provoca dolore, il test è positivo.
La terapia deve resettare il sistema nervoso locale rimuovendo i fattori scatenanti e agendo sul rilassamento del la muscolatura. Le tecniche possono essere, oltre ai farmaci che limitano la trasmissione del dolore e l’infiammazione, l’elettrostimolazione antalgica TENS e la riabilitazione del pavimento pelvico (esercizi e biofeedback).